Soprattutto d’estate preparo le polpette con i prodotti che regala l’orto.
Come queste di melanzana.
Ma prima della ricetta vorrei raccontarti una storia che parla di una melanzana e di uno dei giorni più importanti della mia vita. Quello in cui ho capito che la voce del verbo cucinare era più di un infinito.
Melanzana, sapore d’estate e di parmigiana.
Fritte e abbracciate tra loro formano un piatto divino.
Quella della parmigiana è una ricetta che pur avendo una precisa origine geografica è praticata in egual misura dalle Alpi alla Sicilia.
La parmigiana, ambasciatrice italiana nel mondo, nella sua semplicità si fa capire bene.
Ho sempre mangiato le melanzane.
Non solo parmigiana.
In Romagna sono uno dei personaggi forti della grigliata. Dove, accanto alla carne, c’era la santa trinità composta da melanzana, zucchine, pomodori.
Nonna poi le cucinava in tanti modi diversi. Faceva un ragù e delle cotolette che sono impossibili da dimenticare.
D’amore e di cibo.
Ma prima della ricetta vorrei raccontarti del giorno in cui la parola cucinare ha assunto un qualche significato.
Nei primi vent’anni della mia vita sono stata nutrita con amore da una grande cuoca, la mia nonna materna. Culinariamente parlando sono cresciuta viziata. Ero abituata a sapori eccezionali e a trovare sempre tutto pronto.
Ho un ricordo di me ragazzina mentre provo a fare la sfoglia e subito abbandono l’impresa. Da bimba e poi da giovane, l’attività che praticavo in modo ossessivo era la lettura, non la cucina.
Del mio nutrimento si preoccupavano altri. Questo fino a quando un evento radicale cambia tutto.
Sara, mia nonna, muore quando ho 22 anni.
È ottobre e il giorno del suo compleanno.
Lei è stata una vera “rezdora”, colei cioè che regge il governo della casa e della famiglia.
A Natale nessuno vuole festeggiare senza di lei.
A gennaio sto già cercando casa a Bologna. E soprattutto ho sempre fame.
L’amore per la cucina.
Per raccontare l’episodio della mia folgorazione lungo la strada tra Damasco e i fornelli, hai già capito che devo fare un salto all’indietro nel tempo.
Vuoi saltare con me? Non è una storia troppo lunga. Ma se hai fretta, o fame, scorri e vai alla ricetta.
Bologna, Facoltà di Scienze Politiche. È pomeriggio e sono a lezione.
Mentre prendo appunti, fugaci pensieri di pasta e melanzane.
Ma è normale, in quel periodo -come ho detto- ero sempre affamata.
Mangio una caramella e ricomincio a prendere appunti.
Una volta uscita dall’aula, quel pensiero timido e insistente è ancora lì e sembra aspettare proprio me.
Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho mangiato un piatto cucinato? Seduta al tavolo di casa? Senza premeditazione quel giorno, decisa a cucinare, feci la spesa.
Non so fare neppure un uovo sodo e, sinceramente, non ho idea di cosa fare con quella melanzana. Ti stupisce? A 22 anni non sapevo cucinare. Non pensavo nemmeno mi interessasse.
La mia non era una vita balorda. Solo che a pranzo, tra una lezione e l’altra, mangiavo fuori con i colleghi delle lezioni. La sera rientravo o troppo tardi per cenare oppure di corsa, per uscire di nuovo. Praticamente mi nutrivo a panini.
Tra lezioni, seminari, part time universitario e amici, ero sempre impegnata a fare cose. Mia nonna avrebbe detto “se crolla la casa, Monica non rischia”.
Ma a quel punto lei non c’era già più e tutto quel fare era d’aiuto mentre cercavo di costruire nuovi equilibri.
Per fame più che per amore.
Il mio approccio alla cucina non fu per amore ma per fame.
Dopo mesi di panini, avevo urgenza di nutrirmi con cibo cucinato, così come ero stata abituata nelle decadi precedenti.
E forse mi fu d’aiuto vivere in una casa che non era quella di famiglia dove un certo posto vuoto a tavola mi faceva passare la fame prima ancora di sedermi. Lo stesso vuoto responsabile della mia fame perenne e, credo, anche della mia scelta di vita bolognese poi diventata definitiva.
La cucina era piccola rispetto all’appartamento che dividevo con cinque ragazze e, da un certo momento in poi, purtroppo, un fidanzato (non mio). Come ogni sera era vuota e silenziosa, la finestra aperta che affacciava su un bel cortile.
Un po’ alla volta rientrarono le compagne d’appartamento e tutte uscirono di nuovo.
La visione inedita della sottoscritta ai fornelli fu una sorpresa per tutte ma eravamo giovani, non è che restassimo troppo tempo su un pensiero. La vita chiamava a gran voce da porte, finestre, persino dai pori della pelle. Anche per me era tempo d’andare avanti e imparare a convivere con i lividi del cuore.
Un piatto di pasta con il sugo di melanzana.
La cosa che mi sorprese fu di vedere come le mani sapevano cosa fare. I gesti venivano naturali. Seduta al tavolo della cucina consumai lentamente e in silenzio il mio pasto.
Con il sugo avevo raccolto anche una sconcertante verità, almeno per la ragazza che ero a quell’epoca, una che pensava alla carriera non ai fornelli.
Avevo appena scoperto che sapevo cucinare qualcosa di commestibile, com’era possibile?, e che la cucina poteva essere un rifugio accogliente contro solitudine e malinconia; una zona di pace contro emozioni troppi forti.
La cucina non era, all’epoca, una strada da percorrere ma un luogo dell’anima.
Ritornai agli impegni universitari, al lavoro, alle uscite. Sarebbero passati anni prima di mettermi ai fornelli con metodo ma nel mio percorso di crescita ho poi dovuto fare i conti anche con quella parte di me. E se sono qui, qualcosa vorrà pur dire.
Senza ansia, ho lasciato che le cose seguissero il loro corso.
Nella vita e in cucina.
Col senno di poi posso dire che la vita ha davvero un suo misterioso, insondabile, innegabile senso dell’umorismo. E che gli anni trascorsi in cucina con la nonna, io giocando e lei cucinando, sono stati preziosi. Prima ancora che con le mani, ho imparato a cucinare con occhi e naso, assimilando i suoi gesti e imparando a riconoscere gli odori delle pietanze mentre prendono forma.
Polpette di melanzana.
E sebbene debba a una melanzana una scoperta tanto felice, ho continuato a cucinarle in modo un po’ banale.
A volte è difficile cambiare le proprie abitudini. Ma il bello di vivere in una città dove tutto ruota attorno al cibo, è che incontro spesso nuovi piatti e nuovi sapori di cui mi innamoro.
Tu hai un piatto preferito con le melanzane? Io ho scoperto il mio nel tempo. Che poi sono tre piatti, non solo uno: gnocchi, cotoletta e polpette.
Per mettere a punto la mia ricetta per le polpette, ho fatto tante prove.
Queste sono le polpette che volevo: pochi ingredienti e la melanzana è protagonista assoluta.
Le quantità sono per un secondo piatto, da accompagnare con un contorno, o per un aperitivo di sostanza.
Le ho fatte con e senza parmigiano e, secondo me, sono buone anche senza ma per un sapore più tondo, aggiungi del formaggio grattugiato.
Buona cucina di stagione e buona vita
Monica
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Ricetta delle Polpette di Melanzana, al forno o fritte
Per 4 persone / circa 20 polpette
Ingredienti
3 melanzane scure di grandezza medio-piccola (circa 280 g di polpa cotta)
pangrattato, 50 g
1 patata, circa 150 g
parmigiano reggiano grattugiato, 50 g
sale fino, 2 g
olio d’oliva e sale q.b.
profumo della scorza di mezzo limone bio oppure noce moscata, facoltativo;
se cuoci al forno l’uovo non serve, altrimenti 1 uovo e pan grattato q.b. per la pastella
Procedimento
Lava le melanzane, taglia a metà e cuoci in forno caldo, 180 gradi, funzione statica, per almeno 30 minuti o fino a che la polpa è morbida. Puoi cuocerle anche nel tegame aggiungendo dell’olio d’oliva.
Con un cucchiaio, separa la polpa delle melanzane dalla buccia.
Se ti sembra ancora acquosa, cuoci per qualche altro minuto in una padella antiaderente.
Metti in una ciotola polpa, pangrattato, scorza del limone, noce moscata e grattugia a crudo la patata dopo avere eliminato la buccia. Ti consiglio una patata “vecchia”, rispetto alle novelle contengono più amido che sarà il legante delle polpette.
Mescola tutti gli ingredienti, aggiusta di sale, aggiungi un paio il parmigiano reggiano grattugiato.
Fai delle polpette e stendile su un foglio di carta forno. L’impasto è morbido ma si riescono a formare, magari ungi o bagna un po’ le mani.
Polpette fritte.
Sbatti con la forchetta l’uovo intero in una fondina, sistema il pangrattato in un altro, poi passa le polpette nel pane, nell’uovo e di nuovo nel pane. Con un uovo sono riuscita a farle tutte ma se alla fine vedi che è poco, aggiungi all’uovo sbattuto un po’ di liquido (un cucchiaio di latte ad esempio).
Friggi in olio bollente di semi molto caldo.
Polpette al forno.
Se preferisci la cottura al forno, passa le polpette SOLO nel pan grattato, disponi su un foglio di carta forno spennellato con olio d’oliva e cuoci in forno già caldo (180 gradi, statico) per circa 20 minuti. A metà cottura gira le polpette. Sono pronte quando prendono colore.
Buone calde e a temperatura ambiente.
5 Commenti
Dolores
La cucina è un ricordo di un tempo lontano e felice, del quale, però, non ci si rende conto se non quando non c’è più. Mia mamma era bravissima e diceva sempre che,per cucinare, occorrevano tempo e amore. Ogni volta che cucino, la tengo con me
Monica
Grazie Dolores per avere condiviso il ricordo della tua mamma. Anche per me la cucina è un luogo di memorie felici che mi portano nel passato e, allo stesso tempo, dove creo nuovi ricordi. Tutti con un buon sapore, Monica
Carolina
Davvero una fortuna l’amore per la cucina e per le sue tradizioni!
Io ne sono affascinata!
Tornando alle polpette, il basilico ci stava bene. La noce moscata, che adoro, la provo la prossima volta! Dopo l’invio del messaggio ho davvero messo le melanzane in forno!
Carolina
È sempre così bello leggere di te! Anch’io come te, mi sono avvicinata alla cucina più per fame o necessità che per amore. Ma non avevo neanche 17 anni.
Come te ho scoperto che giocando in cucina con la mamma avevo assimilato cose, percepito gesti che mi venivano abbastanza naturali.
E ho scoperto che in cucina la mia mamma mi mancava un po’ meno … era li con me!
Vado a mettere le melanzane in forno.
Il trucco della patata mi ispira. Aggiungerò però del basilico. Che ne dici?
Monica
Credo che la nota di basilico darà un ottimo sapore alle polpette. Così come vedrei bene una grattugiata di noce moscata, se piace.
La cucina era, oggi forse un po’ meno, il focolare, il cuore della casa. Ridurre le cucine a stanza contenitore del microonde ha rappresentato un depauperamento di cui forse non ci siamo neppure resi ben conto. Intanto abbiamo perso tantissimo del nostro patrimonio culinario, e questo è un vero peccato in uno dei paesi dove si mangia meglio al mondo. Aggiungo che chi ha smesso di cucinare, ha finito per dimenticare ricette e ricordi che rimandavano alle sue origini, restando un po’ più solo e meno solido in questo mondo abbastanza difficile. La nostra fortuna Carolina è che nelle nostre cucine ritroviamo ogni giorno l’abbraccio più caro, e questo fa di noi due persone non solo più fortunate e molto ricche. Buona cucina, xo