Che caldo attorno a quei fuochi.
Quando raggiungevo la campagna, nel primo pomeriggio, il lavoro era ben oltre la metà.
E a fine giornata ero sbalordita dal numero di vasi e bottiglie di marmellate, sciroppi o passata di pomodoro che erano stati fatti e trovavano posto nelle cassette, divise tra i partecipanti al rito collettivo che si celebrava ogni anno, nonostante caldo e zanzare, nella campagna della bassa romagnola –e lo stesso accadeva in buona parte d’Italia- da dove proviene la famiglia della mia mamma.
La vita nell’aia.
Il deus ex machina di quelle giornate, per tanti anni, è stata nonna Sara. Anche se ormai non viveva più lì, il suo ruolo di “rezdora”, pacata ma ferma, la rendeva il perfetto direttore d’orchestra di un momento che non era uno scherzo visto che iniziava all’alba e comportava tanto lavoro, compreso il pranzo dei partecipanti, tra il caldo dei fuochi e quello implacabile dell’estate.
Ricordo mia nonna in mezzo all’aia della campagna dove era nata, il fazzoletto a proteggere naso e bocca da un caldo infernale. L’aria bollente che guizzava dalle fascine ai pentoloni, a volte appesi sul fuoco a volte appoggiati su spessori improvvisati.
Per esempio non posso dimenticare la stufa a legna di Egisto.
Era vecchia già allora e dismessa per qualcosa di più nuovo. Nella seconda metà degli anni Settanta il progresso era ormai arrivato anche in campagna, sebbene alcune famiglie avessero ancora il bagno all’esterno dell’abitazione.
A ogni modo, Egisto portava la stufa che lui stesso aveva modificato e che veniva sistemata nel mezzo dell’aia, vicino ma non troppo alle altre fascine ben distanziate tra loro.
Dopo averla “accesa”, una volta riempita di legna, il fuoco la faceva sembrare una via di mezzo tra il trono di Alastor e un Mercury. Ma non partiva per lo spazio e, per fortuna, neppure generava un demonio dalle fiamme. Anche se i metalli restavano incandescenti per giorni e il proprietario tornava a riprenderla solo quando i bollenti spiriti della stufa si erano placati.
Il grande rito.
Sono decenni che non assisto più al grande rito. In parte perché nelle nostre campagne sono sempre meno quelli che, anche tra i contadini, fanno ancora grandi quantità di marmellate e passate. In parte perché crescendo, Sara iniziò a partire con me per le vacanze, allontanandosi gradualmente da quella vecchia abitudine per introdurne altre, più da nonna. I miei ricordi sono molto datati, relativi a pochi anni e, soprattutto, sono quelli di una bimbetta che osservava restando sullo sfondo.
Una volta in campagna non si bruciavano solamente rami di potatura, stoppe e scarti di raccolto. C’erano i grandi fuochi che a partire da luglio fino a inizio settembre riunivano famiglie e famigli per svolgere un lavoro duro, sfiancante a causa del caldo, che però era considerato necessario e rappresentava l’opportunità per stare insieme. E forse proprio il carattere conviviale di questo rito rendeva sopportabile quella gran fatica consumata accanto a fuochi enormi e una terra resa incandescente per il sole estivo.
Che poi i grandi fuochi erano la parte finale di una operazione che iniziava con il principiare del giorno.
Prima di tutto c’era da pulire le bottiglie, lavare e cuocere la frutta, tutta produzione locale. Una volta cotta si metteva a scolare dai liquidi che diventavano sciroppi, a volte anche spiritosi, cioè leggermente alcolici, o veri e propri liquori. Una volta riempiti e chiusi i vasi, iniziava l’ultima fase, quella della bollitura nei pentoloni, separando i vetri con vecchi stracci perché durante la cottura non si rompessero urtandosi.
A luglio si preparavano marmellate, vasi e sciroppi di frutta, i primi sott’oli.
A agosto e inizio settembre era ancora tempo di confetture ma il grande protagonista era soprattutto il pomodoro. I sugoli d’uva venivano dopo, con la vendemmia, e rispetto a quello delle marmellate e della passata, era un lavoro da fare ridere i polli, per usare un’espressione campagnola che un tempo sentivo spesso.
Letture e Ricette
Vasi e bottiglie trovavano posto nella cantina di casa insieme a tante altre cose buone. Questo è il motivo per cui ho amato la cantina di casa che mi sembrava un luogo speciale, oltre che molto profumato. Se vuoi leggere come si presentavano le cantine “di una volta”, ne ho scritto nel post dedicato ai succhini con la ricetta per fare quello di albicocca.
Non solo ricordi, faccio ancora oggi gli sciroppi.
Sono passati decenni ma non posso dimenticare alcuni dettagli di quei giorni caldi e che sembravano non finire mai. Il paiolo nero appeso su una fiamma alta, nonna con un lungo bastone in una mano e l’altra sul fianco, il fazzoletto a proteggere il viso che si illumina quando scendo dalla macchina e inizio subito a chiamarla anche se lei fa segno di no, di non avvicinarmi e mio papà che mi acciuffa per il colletto della camicina dirottandomi sotto l’ombra del porticato dove ci sono acqua, vino, frutta, ciambella. Lo stesso tavolo dove a metà mattina è stato consumato un pranzo veloce e leggero per dare conforto a chi è sveglio da prima del sorgere del sole.
Nel mezzo del trambusto, correvo dappertutto ma non vicino ai fuochi.
Andavo dietro alle galline, scappavo dalle oche e visitavo i maiali con circospezione.Poi mi sedevo per un po’ all’ombra del grande melo e di nuovo ricominciavo la mia corsa. Fino quasi verso sera quando il fuoco perdeva intensità ed era quasi possibile avvicinarsi.
Oggi non ti propongo paiolo, falò e fazzoletto sul volto.
Non occorre lavorare una gran quantità di prodotto, di solito io mi occupo di piccole quantità e rinnovo le scorte di anno in anno.
Puoi anche organizzare una giornata con amici e condividere la preparazione per rendere quel tempo divertente e produttivo. È incredibile quanto possa essere divertente cucinare insieme e quanta gioia regali sistemare in dispensa qualche barattolo di marmellate e un paio di bottiglie di sciroppi.
Sciroppi di frutta
È una preparazione che utilizzo soprattutto per bagnare le torte da farcire, da aggiungere al composto di un dolce, aromatizzare la panna montata. Spesso lo mescolo con yogurt o una macedonia fresca. Un paio di cucchiai sullo yogurt greco fa subito dessert, semplice e fresco. Gli sciroppi sono ottimi anche come bevanda. Allungati con acqua e ghiaccio o da aggiungere al ghiaccio tritato per fare la granita. Naturalmente puoi lanciarti nella preparazione di un cocktail.
Lo sciroppo è il liquido che ricavo dalla cottura della frutta. C’è chi frulla insieme frutta e liquido di cottura e poi passa al setaccio (lo sciroppo deve essere liscio e fluido). in questo caso è chiaro che prima devi avere snocciolato le ciliegie.
In effetti io preferisco separare la frutta cotta dallo sciroppo, che è il liquido che si è formato durante la cottura. Il mio preferito, tra i più versatili, è quello di ciliegie ma tu puoi farlo anche con altra frutta. Usa la ricetta come una base.
Dopo avere cotto le ciliegie, non snocciolate, separo la frutta dal liquido e lascio scolare per un po’ per recuperare tutto il liquido. La frutta puoi mangiarla subito, metterla nei vasi (facendo il sottovuoto) o, ancora, in freezer (senza fare sottovuoto di nessun tipo).
Un metodo super veloce per avere sempre delle scorte per i dolci invernali.
Mi piace pensare che potrei ispirarti e che qualche vaso di sciroppo tornerà a occupare un piccolo spazio della tua dispensa.
Buona cucina di una volta,
Monica
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Nella sezione bevande che trovi sul blog, ho raccolto alcune ricette per fare diverse preparazioni casalinghe. Come si faceva una volta, cercando di aggiornare le ricette ma senza perdere la poesia di quelle bottiglie deliziose.
Sciroppi di frutta, quello di ciliegie (da usare come base)
Ingredienti
circa 1 bottiglia da 1 litro, abbondante
1 kg di ciliegie
200 g di zucchero di canna
succo di 1 limone
500 ml di acqua
facoltativo: cannella o vaniglia per aromatizzare
Procedimento
Lava e snocciola le ciliegie (oppure no, vedi tu).
Metti frutta, zucchero e limone in un contenitore a chiusura ermetica e lascia riposare in frigorifero per alcune ore o tutta la notte (se vuoi aggiungere il profumo della vaniglia o della cannella, aggiungi ora l’aroma).
Trascorso questo tempo, versa tutto in una pentola dai bordi alti, aggiungi l’acqua naturale, fai cuocere fino a quando le ciliegie sono morbide, circa 30 minuti, mescolando di tanto in tanto ed eliminando la schiuma con una schiumarola o un cucchiaio.
Spegni il fornello.
Ora puoi seguire due strade.
1) Puoi frullare con il minipimer frutta e liquido. Lascia raffreddare e passa tutto al colino, utilizzando gli avanzi di purea per fare un dolce. Metti nei vasi e conserva in frigorifero per una settimana o procedi con il sottovuoto (in questo post parlo di come farlo).
2) Oppure, come faccio io, una volta cotta separo la frutta dal liquido. Metto un colino grande su un tegame e lascio scolare la frutta anche per un’ora.
Il liquido che ottieni è già sciroppo.
Puoi conservare in frigorifero, senza ulteriori cotture anche per un paio di settimane, altrimenti versa in bottiglie o barattoli e procedi con il sottovuoto.
2 Commenti
Carolina
Come al solito, mi sono persa nel tuo racconto. Sembra quasi di vederti bambina. Tu e nonna Sara. I fuochi e tutto il resto. E i sugoli? Ti chiederò la ricetta. O magari è già sul blog? Farò felice mio marito che avrà un motivo in più per adorarti.
Monica
In effetti la ricetta dei sugoli non c’è ancora. Dopo avere impiegato tanto tempo a capire cosa volevo fare con questo blog, ho un arretrato pazzesco di ricette da scrivere e pubblicare. Ma se per settembre non sarà ancora on line, te la mando, M.